Mi ero ripromessa di scrivere qualcosa ogni sera, ma qui a Cosquin non c’era il tempo di fermarsi un secondo, si può solo vivere e assorbire il più possibile di questo folklore che trasuda la città e i suoi abitanti.
Mi immaginavo qualcosa di grande, ma non di così forte impatto da emozionarmi ogni giorno ed ogni notte.
Dopo questi sette giorni posso dire che Cosquin non è un festival, ma un fenomeno di grande inclusione sociale di cui il popolo ha bisogno. E’ strano come si possa rafforzare l’unione di una terra con così tante diversità, proprio attraverso la celebrazione e l’incontro delle stesse!
E’ stato questo ciò che ho visto in questi giorni, ogni provincia ha presentato orgogliosamente la propria identità attraverso la danza e la musica, e spettacolo dopo spettacolo metteva il proprio tassello sul puzzle della grande identità argentina. Perché loro sono questi, popoli diversi ma orgogliosi di stare insieme.
E poi c’è il “fuori Cosquin” ovvero tutto ciò che si consuma nelle strade e nelle peñas, perché se non tutti si possono permettere il biglietto per entrare nello scenario centrale, allora sarà il folklore ad andare da loro. Infatti quasi tutti gli artisti hanno portato il loro canto anche nelle decine di peñas di Cosquin, aperte a qualsiasi ora del giorno e della notte con prezzi di entrata davvero popolari.
Questo per me è Cosquin, non certo un semplice festival, ma un evento che include, abbraccia e amalgama tutte le radici etniche argentine e ne restituisce un popolo orgoglioso di esse.
Accidenti aveva proprio ragione quella chacarera che tanto ascoltavo in Italia ma senza realmente capirne il significato..
“Abriendo la noche
borrando fronteras
con su corazon de bombo
camina la chacarera”